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ATTUALITÀ

Un Sanremo con finale coupe de teatre

Alle 2 e 35, la voce un po’ più roca e stanca di Amadeus ha annunciato i vincitori della 71esima edizione.
I Maneskin.
Secondi Francesca Michielin e Fedez.
Terzo Ermal Meta.
Vari premi, tra cui quello della sala stampa a Willy Peyote e miglior testo a Madame.
Per la prima volta al teatro dell’Ariston spopola il rock. E a dire il vero non so se questo sarà un risultato che accontenterà tutti. Siamo divisi in fazioni, anche nella musica. Chi asserisce che la canzone Sanremese per eccellenza è quella di Orietta Berti, chi dava per scontato l’amore, con le sue parole dolci, quelle di Ermal Meta. Molti giovani facevano l’occhiolino ad Irama e qualcuno, visionario futurista (sentirete quanto la ascolteremo alla radio) appoggiava Madame. D’altronde è stato il Festival della resurrezione, contraddizione, innovazione. In un mondo dove il mondo artistico è in apnea e, anche qui, la patria si è nettamente divisa tra favorevoli e boicottatori, la mia personale riflessione è che con un po’ d’immedesimazione non sarebbe difficile.
Per quanto sia stato scandaloso, per certi versi, a discapito di baristi che bacamenano, pasticceri che hanno visto scendere il fatturato, ristoratori che aspettano di vedere il colore, manco fosse quello di in semaforo, credo che ciascuno di noi, dopo un anno di pura agonia, avesse avuto la possibilità “di fare un po’ di più lo avrebbe fatto”. D’altronde si sa, Sanremo è una macchina da lavoro, e sinceramente, prima da spettatrice (nonché attrice teatrale, quindi conosco a fondo la sofferenza) e POI da giornalista, pensare a quei suonatori di violino, così come i tecnici che spostavano le scenografie, o anche solo i fioristi che hanno preparato i bouquets, e sapere che c’è stato qualche stipendio, una ripartenza, un po’ di tentativo artistico, mi è sembrato un segnale.
Flebile ma acceso.
E credo che, se un pubblico da casa, visto l’eco del vuoto di quelle poltrone in sala, si è schierato così tanto verso un nuovo mondo Rock è, perché, forse, mancano i concerti.
Il brivido. Saltare e cantare.
E tutti, poi, in fondo, (per chi ha resistito fino alla fine) abbiamo invidiato col cuore le piroette della chitarrista che, felice, si coricava per terra tra i coriandoli argentati.
Roba che, di sti tempi, non avrebbe fatto accapponare la pelle manco più al Pippo nazionale.

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