” Cara Piera, Franca e Lilli adorate, come avrete già sicuramente saputo, sono stato arrestato dalle SS due mattine fa, in seguito a una spiata fascista e in quanto ebreo.
Vi scrivo questa mia da Fossombrone, un carcere di transizione, perché a quanto si sa, dopo ci porteranno in Germania.
Soffro perché forse non ci vedremo più, soffro per il freddo e per la fame, soffro perché mi mancate tanto.
Ma patisco ancora di più, perché io stesso, nonostante ebreo, aderivo al regime fascista, almeno fino alle leggi razziali.
Ciò anzitutto perché per me il Consenso della maggioranza degli italiani era sacro, intendo dire che se c’era Consenso, significava che quel Movimento doveva fare necessariamente cose buone, essere comunque dalla parte del giusto.
Si, lo ammetto, ho creduto che il Fascismo fosse l’unica strada percorribile per noi italiani, stanchi e debilitati dall’indigenza del dopoguerra e delusi dai partiti di opposizione, che con le loro divisioni sembravano a me come ad altri, lontani dalle vere esigenze del popolo, dalle sue sofferenze, dalle sue richieste di cambiamento.
E allora anch’io sono caduto nella trappola del culto del Capo: mi piaceva quel nuovo tipo di comunicazione che parlava direttamente alla pancia della gente, usando un linguaggio chiaro e incisivo.
Certo, sapevo delle scorribande degli squadristi, che spesso degeneravano in atti di violenza, ma come tanti, le consideravo soltanto ” ragazzate”, cui non dare granché importanza. Così come non mi preoccupavano granché quei facinorosi che da un certo momento in poi, allo Stadio inneggiavano a Hitler e a strane forme di razzismo, perché mi sembravano semplici imbecilli, senza alcun futuro.
Ma, ahimé, il mio risveglio del tutto tardivo, è avvenuto solo con le leggi razziali, le leggi dell’abominio!
Quando ho visto le famiglie ebree minacciate e perseguitate, quando ho visto voi, mie dilette bambine, espulse dalla scuola pubblica, quando sono stato licenziato dall’Ilva e costretto a cercarmi un umile lavoro, solo allora ho aperto gli occhi!
Troppo tardi. Ora mi trovo qui, richiuso in una celletta, avvilito, sconfitto, perché ho perso tutto, ho perso Voi e forse perderò anche la mia inutile vita!
Mi perdonerete? Mi ricorderete?
E mi chiedo: gli Italiani e non solo loro, conserveranno la memoria di quello che sta succedendo? Delle stragi, delle persecuzioni, di quello che si teme sarà un vero e proprio Genocidio?
Quello che vi chiedo, non solo a voi, ma anche ai vostri figli e nipoti, è di conservare la Memoria di quanto succede e succederà, di state sempre in guardia, di vigilare su ogni possibile rigurgito di queste nefandezze!
Vi chiedo di mantenere e non fate mai scemare la capacità di indignarvi!
Ora sono stanco e debilitato, ma ancora vivo, questo è l’importante.
Abbiate cura di voi, salvatevi!
Mie adorate Piera, Franca e Lilli, fatevi forza, pensate fortemente che tra non molto quest’incubo, come tante altre tragedie del passato, immancabilmente finirà!
Dal canto mio, sarete sempre nei miei pensieri e nel mio Cuore!
Un disperato ma immenso abbraccio dal vostro Marito e Papà…
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Mario della Pergola arrestato dalle SS nel settembre del 1944, fu deportato ad Auschwitz e non vi fece mai ritorno.
Ancor oggi i suoi famigliari non hanno una tomba su cui piangerlo.
Sua moglie Piera e le due figlie Franca e Lilly ( mia madre) riuscirono a scampare alla deportazione grazie alla loro straordinarie energie e all’aiuto di uomini encomiabili quali Massimo Teglio, la cosiddetta” Primula rossa”, alla cui memoria e famiglia va ancora oggi il mio sconfinato ringraziamento.
Mia madre, Elisa della Pergola, deceduta nel 2020, grazie alla sua intelligenza e vitalità, amò sempre la vita in tutte le sue manifestazioni e si prodigò nell’insegnamento e nel mondo del Volontariato, a favore di tutte le persone disagiate.
Da Lei, dalla Sua memoria, traggo ancor oggi la grande energia che mi consente di affrontare il Quotidiano, con tutto il suo carico di difficoltà, ingiustizie e incomprensioni, ma anche di apprezzarne l’ indecifrabile e affascinante irripetibilità.
