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ATTUALITÀ

La grande Rappresentazione di massa ” ma come mai sonotutti sulle curve?

” Scusami ma in questo momento sono nelle curve ( o in alternativa sono incasinato), ti chiamo più tardi”. Quante volte ci siamo sentiti ripetere questo refrain, cui peraltro in buona parte dei casi non segue da parte dell’interlocutore alcuna telefonata? E’ innegabile che diverse persone siano effettivamente molto impegnate nel lavoro o in altre contingenze. Tuttavia in non pochi casi gli individui che dicono di “essere nelle curve”, non sono che attori di quella grande rappresentazione collettiva che purtroppo non riguarda solo il Paese Legale, ( e cioè la classe politica ), ma anche il Paese Reale, ovvero la comunità dei connazionali. Ma cosa si annida spesso dietro quell’interlocuzione? Anzitutto l’enfatizzazione o ingigantimento di quelle ordinarie occupazioni che riguardano la vita di tutti noi. I “Signori delle curve” in altre parole, ci tengono ad apparire sempre super-impegnati, per lanciarci ( per fare un solo esempio) il messaggio di essere rampanti, in carriera e proprio per questo ( a detta loro), di non avere neanche mezzo minuto libero. In realtà in diverse occasioni sappiamo che non è così e come anzi sia proprio questa tipologia di simulazione a rivelarci il fatto che non sono sufficientemente occupati in alcunché, volendo invece compensarne la relativa frustrazione. In altri casi , “l’uomo o la donna sulle curve” mistifica con questo suo “cavallo di battaglia”, la semplice verità di non essere interessato a relazionarsi con noi, senza però avere il coraggio di dirlo francamente. Ed è proprio questa mancanza di trasparenza a mio parere, la cifra più evidente dei nostri tempi, sia a livello pubblico ( come ho già avuto modo di spiegare) che in quello privato. Queste persone appaiono rinchiuse in una sorta di “bunker” psicologico, in cui c’è spazio solo per lo stile di vita che si sono artatamente costruite e che per nessuna ragione intendono abbandonare. Perché per loro cambiare, confessare la necessità di un’evoluzione personale, significherebbe mettersi in discussione, concetto quest’ultimo inesorabilmente esiliato dal loro lessico esistenziale. In quest’ottica, uno degli strumenti prediletti dell’uomo- bunker è il messaggino whats- app. Perché anche quest’ultima sincopata forma di comunicazione tradisce ( ovviamente solo in alcuni casi), non solo una non volontà di relazionarsi in modo profondo con l’interlocutore, ma anche risvolti di maleducazione o persino sfumature velatamente ” sadiche”. Per dirla tutta, a chi non è mai capitato di inviare un messaggio che risulta visualizzato dall’interlocutore ma a cui lo stesso non risponde né a breve né mai? E diverse volte la mancata risposta viene fatta passare come semplice dimenticanza, mentre anche in questo caso e’ sottesa una chiara riluttanza a volerci frequentare. Dunque una società in cui affollano i personaggi e scarseggiano le persone. Una comunità in cui anche sentimenti nobili come l’amicizia, sovente vengono ridotti a un “do ut des” o appaiono intrecciati con il cosìddetto “attaccamento”, termine quest’ultimo di derivazione buddista. Una varia umanità quest’ultima, che brilla di complicità sinché ti mostri fragile e bisognoso di aiuto, in un rapporto speculare con omologhe caratteristiche. La stessa però che prende subito le distanze, allorché percepisce l’incipit di una tua evoluzione e la spinta verso nuovi progetti esistenziali.
Ma in questo caso, come da più parti mi è stato giustamente fatto notare, cade il “velo di Maya” dell’ipocrisia e di tutto si potrà parlare, fuorché di vera amicizia.

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